Categoria: storie

E POI, QUANDO MENO TE L’ASPETTI..

..le cose possono andare anche peggio.

E’ giugno, sei in maternità e quindi a casa dal lavoro, abiti al mare e pensavi che questa sarebbe stata l’estate più bella della tua vita. Beh l’estate più bella della vita forse è un tantino esagerato. Ma di sicuro un’estate speciale. La prima con il tuo Ranocchio. La prima (e forse l’ultima!) in cui non lavori. Un’estate spensierata da passare in spiaggia, tra un ombrellone, un tuffo in mare ed un mojito al tramonto. (altro…)

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CREDICI E VEDRAI

Che poi.. iniziare a scrivere un blog il cui 50% dei contenuti dovrebbe essere fatto di racconti alternativi sui viaggi per bambini, quando tuo figlio è ancora un neonato e si ammala ogni 3×2 (senza considerare che da settembre inizierà l’asilo e allora si che ne vedremo delle belle) non è cosa da tutti. Una scelta che rivela il mio innato ottimismo e forse la non presa di coscienza (leggi ingenuità) che i bambini si ammalano, spesso. Molto spesso. O forse solo il mio, chissà. Diciamo che l’importante è crederci e non perdersi d’animo. Arriveranno di certo tempi migliori. E poi cosa vuoi che sia le febbre a 38 e una settimana di antibiotico proprio quando finalmente, all’alba del 7 giugno, è arrivata la tanto attesa estate 2013? E quando nel Golfo del Tigullio c’è uno dei Festival più belli della zona e della stagione (per non dire l’unico), interamente dedicato ai bambini? Avrei voluto essere la vostra inviata speciale dell’Andersen Festival, ma direi che la vedo dura. Pazienza. Al massimo vedo se riesco a farci una scappata veloce (babysitting del mio adorato fidanzato permettendo), giusto per respirarne un pochino l’atmosfera e darvi qualche chicca. A questo punto posso dire che ce lo godremo molto di più l’anno prossimo, quando il Ranocchio sarà abbastanza grande per capire la bellezza e la magia dell’evento. E quando si sarà già fatto 9 mesi di asilo e quindi, speriamo, una buona dose di anticorpi e malattie alle spalle. Voi che dite?

E comunque ne sono convinta, l’importante è crederci. Il resto viene da sè. :)

BELIVE IT

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SILENZIO E SPRITZ: UN ASSAGGIO DI VAL PADANA

Informazione di servizio: in questo post niente design e niente viaggi. Solo il racconto di un mini spostamento e di alcune abitudini ritrovate.

Da lunedì scorso il Ranocchio ed io siamo in trasferta dai nonni, nella mia casa natìa. Abbiamo un sacco di impegni mondani perchè dobbiamo mantenere vive le PR: parenti, amici, amici di amici. Una vita difficile, insomma. Lui non sembra particolarmente entusiasta di queste giornate da viveur – di cui, tra l’altro, è il protagonista – ma tutto sommato non si lamenta, che è una gran cosa. Avevo qualche timore sulla difficoltà di adattamento al cambio di location (ne abbiamo già fatti altri, certo, ma subito era così piccolo che non se ne accorgeva neanche, negli ultimi mesi invece ha iniziato a subire un pochino gli spostamenti), perchè adesso capisce di essere in un altro luogo ma non riesce ancora ad identificarlo come un luogo sicuro, cioè la casa dei nonni. Probabilmente inizierà a capirlo non appena potrà mangiare i cibi normali e si renderà conto che a casa della nonna si mangia molto meglio che a casa sua. Ma chi può dirlo… d’altronde si sa, la mamma è sempre la mamma. No? 
Fatto sta che ogni timore è completamente svanito. Qui il Ranocchio si fa delle schienate mai viste, dalla prima sera in cui siamo arrivati. Riposini e pisoli compresi. Sarà il silenzio tranquillizzante che circonda la casa, saranno gli scuri che non permettono di fare entrare neanche un filino di luce. Avete presente quanto rumore ci può essere in una regione dove l’unico spazio abitabile è una striscia di terra racchiusa tra montagne e mare? E quanta luce può entrare dalle persiane piene di fessure?? Lo confesso: vivo in Liguria da 5 anni e mezzo (e ci sto benissimo), più altri 2 e mezzo di peregrinazioni varie in Italia e non… ma come si dorme bene qui, non si dorme da nessuna parte, è inutile. Si respira pace allo stato puro. E si vede che anche Filippo deve averlo intuito…
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REGOLA N.1: VIETATO FARE PROGRAMMI

Qualche mese fa, in un post, avevo scritto che la nuova vita da mamma mi avrebbe imposto alcune attività fondamentali, tipo l’organizzazione e la programmazione di.. qualsiasi cosa. Ecco, mi ricredo. Con dei bambini bisogna essere molto organizzati (che poi non è così fondamentale, si sopravvive lo stesso è ovvio, però per mia indole sì, meglio essere organizzati) ma non si possono fare programmi veri e propri. Potranno essere delusi molto facilmente, visto l’imprevedibilità dei marmocchi (soprattutto dei neonati). Bene appunto. Il titolo di questo post, già salvato nelle bozze insieme al suo contenuto, doveva essere: CHIUSO PER FERIE. Ci aspettava una bellissima settimana in Sicilia con degli amici. Previste, tra le altre cose, una scampagnata alla Riserva dello Zingaro, una scappata ad Erice, gita a Selinunte, giornata a Palermo, mare a Cefalù, buon cibo, buon vino e sole. Non ci toccherà niente di tutto ciò. Sob. Il ranocchio ha deciso di aggravare la sua situazione di raffreddato-affetto da diarrea e di nuovo raffreddato in qualcosa di più serio (un virus gastro-intestinale tosto tosto). E allora cosa facciamo ce lo sballottiamo in aereo fin laggiù rischiando di peggiorare il tutto? Certo che no. Rimaniamo qua che, per qualsiasi emergenza, siamo a casa con i nostri punti di riferimento e nel frattempo lui dorme – più o meno tranquillo – nel suo lettino. Oh beh il piano B sarebbe stato di aspettare 2-3 giorni e, una volta individuata la sua ripresa, magari posticipare l’andata e farsi 4 giorni al posto di una settimana. Meglio di niente. Però non ce la siamo sentita. Era troppo debole poverino e temevamo che il viaggio in aereo avrebbe potuto infastidirlo non poco. Inutile dire che, oltre a stringersi il cuore nel vedere il mio ranocchietto sofferente senza sapere bene cosa fare per farlo stare meglio, sono abbastanza amareggiata. Con gli eventi eh, mica con lui, per carità. Beh ora mi è passata, alla fine l’importante è che lui stia bene. Però devo dire che lì per lì è stata una bella batosta. Io mi stavo già pregustando la nostra prima vacanza a tre in una regione che amo: colori, odori e sapori… Invece niente. Dover rinunciare a qualcosa che ho già nella mente e nel cuore mi infastidisce terribilmente, per non dire qualcos’altro. A questo punto credo che una maggior tolleranza delle situazioni (qualsiasi esse siano) ed una più grande flessibilità nel riadattarsi agli eventi, sia un requisito che ad una mamma – ma più in generale ad un genitore – non può mancare. Ecco, a questo proposito, mi chiedevo: esiste una scuola? No perchè ammetto di essere una frana in questo genere di cose. Quando decido o programmo una partenza/una gita/un evento o quello che è, poi DEVO farlo. Assolutamente. Se no mi innervosisco. E non è bello per chi mi sta vicino. E si che non è la prima volta che ci capita: c’è stato il mancato Brasile per un lavoro nuovo del fidanzato che non aveva più le ferie, e poi il mancato Giappone causa super-panzer-ranocchio-in-arrivo. Beh, se voi la conoscete, questa scuola, per favore mandatemi l’indirizzo. : ))) Per questa volta diciamo che almeno abbiamo imparato la lezione, proveremo a farne tesoro. Nel frattempo io continuerò ad inveire contro i maledetti della Ryanair che, oltre a rimborsarti 2 noccioline del biglietto (nel caso in cui si fosse fatta l’assicurazione, che noi NON abbiamo fatto – ma a quanto ho capito cambia molto poco visto che non ti rimborsano le tasse) ti fanno pure pagare 30€ a tratta per un neonato che non occupa nessun sedile ma sta in braccio ai genitori. Vergogna!!! Uno sfogo ci voleva, no??
NB: ovviamente per cercare di risollevare l’umore oggi sono andata a fare un pò di shopping!!! E forse non è ancora finita…
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IL PATTO DI NON BELLIGERANZA

Al compimento dei 3 mesi di vita del ranocchio ho fatto un patto di non belligeranza con la suocera: lavoro ed impegni permettendo sarebbe venuta a tenere il pupo due volte a settimana per 1 ora e mezza, mentre io sarei andata a lezione di idrobike.
Un modo per essere tutte e due felici e contente. Lei si può godere Filippo senza avermi tra i piedi ed io stacco un pò la spina e cerco di risollevare la situazione (corporea).
Ecco 10 buoni (?) motivi per fare patti con chiunque conosciate, per riuscire a trovare un pò di tempo per voi stesse ed iscrivervi ad un corso (nella fattispecie di idrobike): (altro…)
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SCALE/STAIRS/ESCALIERS

No no, non si tratta di un trattato sul fascino e l’architettura delle scale o di come i pargoletti le trovino divertenti. Questa è una cosa seria. Un post un pò scollegato ma importante. Ogni tanto, tra un oggetto di Design e l’altro, lascerò spazio a delle informazioni di servizio o a qualche momento di sclero (in fondo, se una non è sclerotica, che mamma è?!!!).
E’ il primo ed unico consiglio che mi sento di dare a chi sta pensando di avere un marmocchio, a chi lo sta già aspettando, a chi lo ha appena avuto (e allora forse si sarà già imbattuto nella problematica).
DOVE ABITATE?
Nel senso… dovete fare delle scale per entrare in casa? Come sono? Quanti scalini? Pendenza? Ampiezza?
Sembrano banalità ma, credetemi, non le sono. Come già detto da qualche parte in questo blog, io sono emiliana. Non di città ma di provincia, per di più. Noi siamo abituati a vivere in spazi S C O N F I N A T I. Alle comodità. C’è posto ovunque. E c’è sempre qualcosa che rende più comodo quello che ci potrebbe sembrare anche solo minimamente scomodo. Andiamo ed arriviamo in macchina dappertutto. Direttamente dentro casa, addirittura. 

Ecco. Pensate a come deve essere stato soft l’impatto con il mio trasferimento in Liguria. 
Qui è tutto stretto. E quando dico tutto intendo davvero tutto. Il primo giorno di lavoro avevo già rischiato di distruggere lo specchietto della macchina, dopo 2 settimane le ho “fatto la fiancata” entrando in garage. E mi dovevo pure ritenere fortunata ad averne uno, di garage. La situazione è più o meno questa: strade che sembrano a senso unico ma sono a doppio senso di marcia, pochissimi garage, zero parcheggi. Appartamenti piccoli, stanze e bagni ancora di più. E scale. Tantissime scale. Se siete fortunati sono larghe ed hanno un’alzata accettabile. Se siete ancora più fortunati c’è l’ascensore (di solito sfigatissimo, di quelli modello anteguerra con le portine o le grate, ma ringraziate il cielo che ci sia). Se invece non lo siete (fortunati), avete un sacco di scale strettissime e con un alzata di almeno 20 cm che mio figlio probabilmente imparerà a fare quando inizierà le scuole medie. 
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VIAGGI MENTALI

Uno degli obiettivi di trentuno, oltre a condividere la mia passione per il design, è quella di affrontare il tema viaggio con occhi diversi, quelli di una mamma. Ancora per qualche tempo non avrò molto da raccontare perché il primo viaggio cum ranocchio è stato fissato fra due mesi e mezzo circa. Seguirà resoconto dettagliato.

Quello che volevo raccontare qui, adesso, è un altro tipo di viaggio. Quello che si fa con la testa (intendo quello positivo-costruttivo eh, non quello paranoico). Si sa la mente delle donne è sempre in costante movimento, non si ferma mai. Mi sono resa conto che, quando si ha un figlio, questa cosa viene moltiplicata all’ennesima potenza. La stanchezza che si sente non è solo fisica, è anche mentale. Accudire un figlio è un lavoro no-stop, 24h su 24, 7 giorni su 7. Non ci sono weekend, babysitter, papà o nonni che tengano. Siamo e saremo sempre noi ad organizzare e pianificare tutto, anche per loro. I pensieri sono in perenne attività ed aggiornamento.
Prepara il latte, dagli da mangiare, fai il ruttino, poi mangi tu, aspetta un oretta e lo metti a letto, coprilo bene, fai la lavatrice, stendi, lava i biberon, prepara le porzioni per gli altri pasti, poi pensa a cosa gli devi comprare, è finita la cremina, l’olio di mandorle. Ah si i pannolini e il latte. Domani gli cambio le lenzuola, c’era una macchiolina anche nella coperta. Chiama la pediatra, prenota quella medicina particolare, ricordati di andare a fare quella visita. Informati per gli asili nido, vai a visitarli tutti, scegline uno ed iscrivilo. Poi le vaccinazioni si, le vaccinazioni no. Chiedi un parere a chiunque, alla fine decidi, o la va o la spacca. Oddio ha quella cosa sulla testa, cosa sarà? Chiedi, vedi, fai…. Un continuo. Potrei fare un elenco lungo duecentoquarantatrè righe. STOP. Mi fermo.Ieri avevo la serata libera, sono andata con un’amica al concerto di Ludovico Einaudi.

Fai tutto di corsa, prepara la roba per Filippo, arriva la zia, spiegale due cose. Vado. Se ce la faccio passo in lavanderia a ritirare le camicie e il tappeto. Ah no è chiusa. Recupero l’amica e schizziamo via. Aperitivo veloce in un locale nuovo di fianco al teatro, che bello. Entriamo in teatro, ci sediamo, c’è silenzio. Non sono una mamma (ohhmmioddio sono una mamma?!!??) particolarmente apprensiva e gelosa, anzi per il momento non mi sembra di esserlo per niente. Però inizio a pensare: a quest’ora l’avrà cambiato, avrà mangiato, sarà arrivato il papà. Chissà se e quanto ha rigurgitato. Sono brava comunque perché NON guardo il telefono e NON chiedo nulla a nessuno.
Entrano i musicisti ed iniziano a suonare. Mi faccio trasportare dalla musica.
A questo punto i pensieri da pratici e materiali diventano esistenziali. Inizia il viaggio. Cavoli sono qui ma sono M A M M A. C’è un bambino a casa, è mio figlio. Questo vuol dire che finisce l’egoismo, che non sarò mai più sola, che è finita l’epoca del “andiamo e facciamo”, partiamo all’ultimo minuto e quel che capita capita. Che quello di essere qui è un privilegio ma non una cosa che posso fare come e quando mi pare. Tante responsabilità, tante spese. E il nostro viaggio in Giappone? Si dai lo faremo magari tra qualche anno. ORGANIZZAZIONE, PIANIFICAZIONE. Aiuto che roba è? … Ma sarò in grado io di fare la mamma? B O H. 
Vado avanti così per un pò.
E poi il nulla.
La musica si insinua nelle mie viscere. Mi svuota. Sono ipnotizzata da lui e dalla sua orchestra. Non penso più. Sento la musica e mi sembra di essere fuori dal tempo e dallo spazio. Ho la pelle d’oca lungo tutto il corpo. E’ inebriante.
Erano mesi che non provavo una sensazione del genere. CI VOLEVA.
Grazie Ludovico, io sono stata bene.
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QUELLA CHE

Quando l’ha scoperto non ha fatto i salti di gioia;
Invece di farsi le vacanze in Giappone se le è fatta sul lago di Garda modello balena spiaggiata;
Pensava che non avrebbe mai chiamato nessuno “Amore”;
Era certa che a fare la mamma full time si sarebbe impiccata;
Diceva che sarebbe rientrata velocemente al lavoro;
Quella che alla fine anche i cuori di ghiaccio si sciolgono (basta avere pazienza);
Quella che, a 3 settimane di vita del ranocchio, ha iniziato ad uscire per gli aperitivi con le amiche (con ranocchio annesso, ovviamente) aggiudicandosi il titolo di Supermammafortunatamente qualcosa è rimasto come prima(!);
Quella che grazie a Filippo, meglio conosciuto come Ranocchio, Junior, Fasulin (trad. Fagiolino), Mr. Potato, Besugo, Ugo, Pilippo, Nghè, Filo e Pippo ha deciso di prendere la tastiera in mano e dare ufficialmente il via a questo blog.

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PERCHÉ TRENTUNO

Sono gli anni che ho quando ho deciso di iniziare il blog.
E quando sono diventata mamma.
È il giorno d’autunno in cui è nato il mio Ranocchio.
Tre – uno. Perché in questo blog 3 anime convivono in una sola.
La passione per il design, quella per i viaggi e l’essere mamma. Che al momento non è (ancora) una passione, ma uno stato (d’essere).
Trentuno è un numero primo.

 

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STORIA DI UN BLOG. IL PRIMO POST

Un blog… è da tempo che ci rifletto, ma non mi decidevo a partire.
Ogni tanto mi ritrovo a formulare frasi, come se qualcuno dovesse leggerle e poi dico… naaahhh, a chi interesserà mai?
Poi un giorno rimango incinta, senza averlo troppo calcolato, e si accavallano nella mia mente una miriade di pensieri. Ecco, mi sono detta, ora apro un blog. Sulle mie sensazioni, le riflessioni, i dubbi, le domande.. Qualcosa di autoironico su ciò che vivo. Un modo per scongiurare le paure ed i tabù. Nel frattempo scopro che quello delle mamme in rete è un network fittissimo (che io ignoravo per ovvi motivi). Ho letto un sacco di cose interessanti e divertenti, riso a crepapelle e storto il naso (beh.. è impossibile essere d’accordo proprio su tutto). La cosa più incredibile è che molte di queste neomamme hanno avuto un successo strepitoso, semplicemente scrivendo ciò che passava loro per la testa. Grazie ai loro blog hanno scritto libri, venduto copie, fatto ristampe (che botta di ….!). Sembra davvero una favola. Allora mi dico: cosa faccio io? L’ennesima storiella della ragazza pseudofissata con la carriera che rimane incinta ed inizia a raccontare di sè. No no… lascio perdere. 

Tra l’altro non ho nemmeno delle grandi doti da scrittrice. Mi piace scrivere, si. Ma riuscirci bene è tutta un’altra cosa. Sono più brava a parlare con le immagini che con le parole. Deformazione professionale.
Il tarlo però rimane lì… continuavo a prefigurarmi immagini e post da aggiornare. Ma ho sempre pensato che probabilmente non sarebbero stati così interessanti. E’ un pò la storia della mia vita. Aspetto che arrivi l’illuminazione perchè sento che posso fare qualcosa di buono. Ne sono capace, in fondo. Ma quella luce non arriva mai. Non sembra mai che ci sia una luce che valga la pena di essere diffusa. Un pò come l’anno scorso, mentre leggevo la biografia di Steve Jobs: sentivo che da quei fogli sarei riuscita a leggere tra le righe e capire cosa avrei voluto fare da grande. NADA. Tabula rasa.
E così adesso, a un anno dalla lettura della sua biografia, dopo 9 mesi di gravidanza e a 3 dalla nascita del mio ranocchio, ho deciso di seguire uno dei suoi consigli (del mio amico Steve). Di fregarmene se penso che nessuno leggerà quello che ho da dire. Sono convinta che ognuno di noi abbia qualcosa di interessante da raccontare. Ed io ho deciso che questo è il momento di iniziare.

“Your time is limited, so don’t waste it living someone else’s life. Don’t be trapped by dogma – which is living with the results of other people’s thinking. Don’t let the noise of others’ opinions drown out your own inner voice. And most important, have the courage to follow your heart and intuition. They somehow already know what you truly want to become. Everything else is secondary”.

(Stanford commencement address delivered by Steve Jobs, 2005).

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