Uno degli obiettivi di trentuno, oltre a condividere la mia passione per il design, è quella di affrontare il tema viaggio con occhi diversi, quelli di una mamma. Ancora per qualche tempo non avrò molto da raccontare perché il primo viaggio cum ranocchio è stato fissato fra due mesi e mezzo circa. Seguirà resoconto dettagliato.

Quello che volevo raccontare qui, adesso, è un altro tipo di viaggio. Quello che si fa con la testa (intendo quello positivo-costruttivo eh, non quello paranoico). Si sa la mente delle donne è sempre in costante movimento, non si ferma mai. Mi sono resa conto che, quando si ha un figlio, questa cosa viene moltiplicata all’ennesima potenza. La stanchezza che si sente non è solo fisica, è anche mentale. Accudire un figlio è un lavoro no-stop, 24h su 24, 7 giorni su 7. Non ci sono weekend, babysitter, papà o nonni che tengano. Siamo e saremo sempre noi ad organizzare e pianificare tutto, anche per loro. I pensieri sono in perenne attività ed aggiornamento.
Prepara il latte, dagli da mangiare, fai il ruttino, poi mangi tu, aspetta un oretta e lo metti a letto, coprilo bene, fai la lavatrice, stendi, lava i biberon, prepara le porzioni per gli altri pasti, poi pensa a cosa gli devi comprare, è finita la cremina, l’olio di mandorle. Ah si i pannolini e il latte. Domani gli cambio le lenzuola, c’era una macchiolina anche nella coperta. Chiama la pediatra, prenota quella medicina particolare, ricordati di andare a fare quella visita. Informati per gli asili nido, vai a visitarli tutti, scegline uno ed iscrivilo. Poi le vaccinazioni si, le vaccinazioni no. Chiedi un parere a chiunque, alla fine decidi, o la va o la spacca. Oddio ha quella cosa sulla testa, cosa sarà? Chiedi, vedi, fai…. Un continuo. Potrei fare un elenco lungo duecentoquarantatrè righe. STOP. Mi fermo.Ieri avevo la serata libera, sono andata con un’amica al concerto di Ludovico Einaudi.

Fai tutto di corsa, prepara la roba per Filippo, arriva la zia, spiegale due cose. Vado. Se ce la faccio passo in lavanderia a ritirare le camicie e il tappeto. Ah no è chiusa. Recupero l’amica e schizziamo via. Aperitivo veloce in un locale nuovo di fianco al teatro, che bello. Entriamo in teatro, ci sediamo, c’è silenzio. Non sono una mamma (ohhmmioddio sono una mamma?!!??) particolarmente apprensiva e gelosa, anzi per il momento non mi sembra di esserlo per niente. Però inizio a pensare: a quest’ora l’avrà cambiato, avrà mangiato, sarà arrivato il papà. Chissà se e quanto ha rigurgitato. Sono brava comunque perché NON guardo il telefono e NON chiedo nulla a nessuno.
Entrano i musicisti ed iniziano a suonare. Mi faccio trasportare dalla musica.
A questo punto i pensieri da pratici e materiali diventano esistenziali. Inizia il viaggio. Cavoli sono qui ma sono M A M M A. C’è un bambino a casa, è mio figlio. Questo vuol dire che finisce l’egoismo, che non sarò mai più sola, che è finita l’epoca del “andiamo e facciamo”, partiamo all’ultimo minuto e quel che capita capita. Che quello di essere qui è un privilegio ma non una cosa che posso fare come e quando mi pare. Tante responsabilità, tante spese. E il nostro viaggio in Giappone? Si dai lo faremo magari tra qualche anno. ORGANIZZAZIONE, PIANIFICAZIONE. Aiuto che roba è? … Ma sarò in grado io di fare la mamma? B O H. 
Vado avanti così per un pò.
E poi il nulla.
La musica si insinua nelle mie viscere. Mi svuota. Sono ipnotizzata da lui e dalla sua orchestra. Non penso più. Sento la musica e mi sembra di essere fuori dal tempo e dallo spazio. Ho la pelle d’oca lungo tutto il corpo. E’ inebriante.
Erano mesi che non provavo una sensazione del genere. CI VOLEVA.
Grazie Ludovico, io sono stata bene.
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